Una serata dedicata al canto, al
racconto, alla poesia
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Primo evento
a cura di Paolo Mannale
Discorso sulla Poesia e
sul Canto a "Tenores"
Nelle sue parole Paolo, mette in evidenza quanto i temi
dell'attualità e la poesia moderna possano ben coniugarsi
con i
canti antichi dei pastori sardi, ed in sintesi che è questa,
una
ricerca cara all'insieme di voci di cui egli fa parte:
il Tenore Nugoresu presente in questa serata.
In particolare vengono presentate ad esempio, in questa introduzione,
due poesie:
Olokaustos scritta in memoria delle vittime della Shoà e,
con sensibile riferimento alla fragilità e sgomento
dei
bambini che soffrirono il passaggio nei lager.
Questo componimento (Olokaustos) frutto dell'impegno di Antonio
Pasquale Frogheri, componente anch'egli del Tenore Nugoresu
è scritto e cantato in lingua
Sardo-Nuorese.
Il secondo poema è Liberté, del poeta francese
Paul
Eluard, cantato nella versione tradotta negli anni '50 da Berto Cara,
in lingua
Sardo-Logudorese.
OLOKAUSTOS
Mantene bibos anneos e affannos
Sos ocros tanca e ponet a pessare
Sa mente apperi pro no irmenticare
Su male fattu a minores e mannos
Su tempus non canzellat su dannu
sa sofferenzia e s'umiliassione
jutos a morrere chene resone
dae cada punta 'e locu a dolu mannu
Babbos e mamas bichinos e sorres
In d'una triste sorte accomunaos
Intro sos carros los han imbolaos
Povera zente jutta l'han a morrere
In cussos furros ja sun colaos
In numene d'erenzias biondas puras
Bezzos pizzinnos dilicas creaturas
Zente che a nois e diseredaos
Oje restan solu imbertos e sarbaos
In chirca 'e sa perdia dignidade
Catticada chin manna crudeltade
Da esseres bestios de sordados
Pache cherimus pache cherimus
In custa terra cherimus pache
Bandu a sas'armas e su malu facher
Chin boche firma oje pretendimus
Nuogoro, 27 de jannarju 2006
Antoni Pascale Frogheri
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Secondo evento
Tenore Nugoresu
canta
OLOKAUSTOS
Cantori
Nomi delle Voci
Antonio Pasquale Frogheri
Boche - Mesu boche
Bobore
Bussa
Boche - Contra
Paolo
Mannale
Contra
VIDEOFILM 
Pasquale Fadda
Bassu
a cura di Marco Serra
Giovanni Zidda
Mesu boche
Discorso sul disagio dell'emigrazione dei Sardi negli anni 50 e 60 a
cura del Prof. Mario Sanna


Graziano Salerno
legge il racconto - Lacrima di Treno -
LACRIMA DI TRENO
Non immaginatevi un treno e neppure
qualcos’altro…
(comunque il treno partì).
Alcuni ricercatori tedeschi dell’era post-industriale 14a
che si nutrivano solo di carote, arrivarono fortuitamente
a scoprire che anche i treni erano capaci di piangere.
Il treno saliva lento, lento, lento: quel giorno non gli
piaceva il carico assegnato. C’era una tristezza dentro
i suoi vagoni che, alle sue pareti, cominciavano a
formarsi delle strane pieghe e grinze.
Il professor Al Est Sorgis, docente della facoltà di
filosofia di Brist, fù il primo ad accorgersi che alcuni
oggetti prodotti dall’uomo erano capaci di piangere e di
soffrire: un oggetto di porcellana sulla sua scrivania
si era spaccato dopo che alla radio c’era stato
l’annuncio
della salita al potere di “D”. Il professore che
presentò
le sue ipotesi agli allievi, fù licenziato, perse
il posto e finì in galera.
Il treno cominciava a sentire freddo, e l’arcigno operaio
gli faceva ingoiare spiacevoli palate di carbone che gli
scendevano nello stomaco come pugni. In genere era
goloso di quel carbone, e ne mangiava bruciante di
felicità, sopratutto quando portava i bambini alla gita.
Ma aimè questa volta non era una gita, non
era un viaggio di vacanza, non era un gioco.
Ricerche successive condotte dall’assistente del professor
Sorgis
e dalla sua giovane moglie confermarono queste tesi, in
particolare in seguito ad un’articolo apparso nella
pagina delle Mini-Cronache, dove un cacciatore denunciava
il rifiuto del suo fucile a sparare, dopo che l’oggetto
stesso
era stato utilizzato per la fucilazione di Federico Garcia
Lorca: nonostante fosse perfettamente a posto in tutte le
sue parti si inceppava quando veniva puntato sulle pernici.
Il fucile venne portato al laboratorio universitario per essere
analizzato.
Il treno intanto proseguiva lento, a sussulti. Lo stomaco
gli bruciava e si fermò. Scesero i Capitani con
gli
stemmi colorati, tutti uguali e, urlavano, urtavano,
bestemmiavano, obbedivano, risalivano, ridacchiavano ed
interrogavano il macchinista che piangeva.
Si controllarono tutti i meccanismi e niente fu trovato di
strano, a parte che su un lato le lamiere della locomotiva
motrice, erano divenute molli come di carta bagnata.
Dopo aver letto i risultati di varie ricerche sulla sofferenza
degli oggetti e della materia, la professoressa Angela scoprì
in un esperimento che fece epoca nel mondo scientifico, che un
oggetto lasciato in solitudine ed inutilizzato, oppure messo
a stare in comagnia di malefici furboni, era soggetto
a deteriorarsi ed invecchiare più velocemente.
L'esperimento venne condotto su tre oggetti differenti:
1°) un appartamento lasciato vuoto da ricchi proprietari, che
non
avevano bisogno di occuparlo e che non volevano che altri
vi entrassero.
2°) un orto abbandonato dove tutto vi era piantato, cavoli,
pomodori etc..., ma il cui proprietario non voleva che
niente si raccogliesse.
3°) su un deposito di soldi e
banconote di grosso taglio, dove si constatò che col passare
del tempo la valuta diminuiva, ed i possibili e
eventuali proprietari che li avevano depositati, morivano
senza esserseli potuti godere spendendoli in cose vive e di bene.
Il treno pianse di nascosto perchè sentiva gemiti che
venivano dai
suoi vagoni, e le sue lacrime bagnarono tanto la lamiera sinistra
che questa si staccò e si sciolse. Il primo meccanico operaio
ferroviere, denunciò il fatto ai famosi Capitani, e questi
si riunirono e provarono a cercare se nella loro rabbia, nelle
loro pistole, e nel manuale del Cattivo dei Cattivoni ci fosse
una soluzione. Ma non ne trovarono, e urlarono ancora, e
se la presero col macchinista che piangeva.
Una equipe della Università del Massachussets, guidata dal
eminente professor Elbertins, durante una serie di ipotetici
esperimenti, si accorse che un uovo dimenticato da uno studente
nel frigo del college era divenuto sterile. Ci fù una
discussione, perchè alcuni sostennero che l'uovo non era un
oggetto, altri dicevano che era quasi un oggetto, ed altri
ancora che l'oggetto fosse solo il suo guscio.
Si fece un convegno a cui parteciparono Filosofi, Matematici
Artisti e Biologi, e gli atti vennero pubblicati nella rivista
"L'uovo e gli uomini in the Life of the Art", la quale
venne presto esaurita, e se ne fece una seconda ed una
terza edizione.
Il treno era fermo già da alcune ore, ed
aproffittò del
momento, per scrivere nel suo taccuino di viaggio sugli
avvenimenti che in quella notte e in quell'alba lo
avevano impressionato: "Alcuni Capitani avevano
fatto scendere dei bambini magri e pallidi, altri capitani
avevano fatto scendere i loro genitori, altri ancora
picchiarono i bambini, altri Capitani avevano fucilato i
loro genitori.
L'occhio del treno si era gonfiato e la lacrima era
divenuta un rivolo ininterrotto, ed il tergicristallo
si era fermato guastandosi.
Graziano Salerno, 2 maggio 2007
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Daniel Rosembaum legge Liberté di Paul Eluard
Daniel Rosenbaum
legge la poesia di Paul Eluard
Liberté
Sur mes cahiers d'écolier
Sur mon pupitre et les arbres
Sur le sable de neige
J'écris ton nom
Sur les pages lues
Sur toutes les pages blanches
Pierre sang papier ou cendre
J'écris ton nom
Sur les images dorées
Sur les armes des guerriers
Sur la couronne des rois
J'écris ton nom
Sur la jungle et le désert
Sur les nids sur les genêts
Sur l'écho de mon enfance
J'écris ton nom
Sur tous mes chiffons d'azur
Sur l'étang soleil moisi
Sur le lac lune vivante
J'écris ton nom
Sur les champs sur l'horizon
Sur les ailes des oiseaux
Et sur le moulin des ombres
J'écris ton nom
Sur chaque bouffées d'aurore
Sur la mer sur les bateaux
Sur la montagne démente
J'écris ton nom
Sur la mousse des nuages
Sur les sueurs de l'orages
Sur la pluie épaisse et fade
J'écris ton nom
Sur les formes scintillantes
Sur les cloches des couleurs
Sur la vérité physique
J'écris ton nom
Sur les sentiers éveillés
Sur les routes déployées
Sur les places qui débordent
J'écris ton nom
Sur la lampe qui s'allume
Sur la lampe qui s'éteint
Sur mes raisons réunies
J'écris ton nom
Sur le fruit coupé en deux
Du miroir et de ma chambre
Sur mon lit coquille vide
J'écris ton nom
Sur mon chien gourmand et tendre
Sur ses oreilles dressées
Sur sa patte maladroite
J'écris ton nom
Sur le tremplin de ma porte
Sur les objets familiers
Sur le flot du feu béni
J'écris ton nom
Sur toute chair accordée
Sur le front de mes amis
Sur chaque main qui se tend
J'écris ton nom
Sur la vitre des surprises
Sur les lèvres attendries
Bien au-dessus du silence
J'écris ton nom
Sur mes refuges détruits
Sur mes phares écroulés
Sur les murs de mon ennui
J'écris ton nom
Sur l'absence sans désir
Sur la solitude nue
Sur les marches de la mort
J'écris ton nom
Sur la santé revenue
Sur le risque disparu
Sur l'espoir sans souvenir
J'écris ton nom
Et par le pouvoir d'un mot
Je recommence ma vie
Je suis né pour te connaître
Pour te nommer
Paul Eluard
in Poésies et vérités 1942
Ed. de Minuit, 1942
Marina Moncelsi
legge la poesia di Primo Levi - La Tregua -
LA TREGUA
Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo
tornare; mangiare; raccontare.
Finchè suonava breve sommesso
Il comando dell'alba;
"Wstawac!"
E si spezzava il petto in cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
il nostro ventre è sazio.
Abbiamo finito di raccontare.
E' tempo. Presto udremo ancora
il comando straniero:
"Wstawac!"
Primo Levi
(11 gennaio 1946)
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